Arabi invisibili by Paola Caridi

Arabi invisibili by Paola Caridi

autore:Paola Caridi [Caridi, Paola]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


4.

Gli svizzeri del Medio Atlante

Due file di negozi sui lati della polverosa strada provinciale numero 24. La farmacia, qualche vetrina di abbigliamento onnicomprensivo, tante valigie appese all’orlo dei lunghi porticati. E un’infinità di caffè e rosticcerie, dove gli habitué della route 24 scelgono il pezzo giusto di carne d’agnello dalla coscia della bestia appesa a un gancio, e si fanno preparare al volo la shawerma locale: carne grigliata con un po’ di pomodoro, cipolla e qualche spezia, racchiusi nella tipica focaccia araba a far da tasca. Pasto veloce, sostanzioso. E poi via, come nel copione classico delle rotte dei camionisti.

Il panorama è suppergiù lo stesso nella teoria di paesini e cittadine di campagna che costellano il Medio Atlante marocchino. Poco più a nord, in direzione di Fez, c’è quella che le guide turistiche definiscono, con una punta d’orgoglio, la “Svizzera marocchina”. Borghi tranquilli, puliti e ordinati, l’Università di Ifrane immersa nel verde. E tante, tante cicogne, appollaiate sui comignoli delle fattorie e delle raffinate ville dei ricchi.

La Svizzera, però, non continua più a sud, ad appena qualche decina di chilometri di distanza. Dentro un paesaggio che ricorda più il Far West americano o i piccoli abitati del centro dell’Australia, patria di immigrati e minatori. Lì, lungo la route 24, ci sono invece contadini e pratiche agricole che noi abbiamo dimenticato, e che tornano alla mente quando – sulla strada – passano vecchi in groppa agli asini. Eppure, nonostante tutto, la vera Svizzera sta proprio lì, lungo la strada che è allo stesso tempo il centro del Marocco e una tappa nella tratta commerciale Fez-Beni Mellal. Certo, nessuna somiglianza – in questo pezzo di campagna polverosa – con la perfezione delle montagne elvetiche. Se, però, il paragone con la Svizzera (quella delle banche e non delle foreste) sorge spontaneo, lo si deve a una piccola insegna gialla e nera, uguale a Mrirt, a Khenifra, a Ouaoumana, così come a Marrakech, Tangeri, Rabat, Casablanca, e nella miriade di paesini e città che formano la costellazione del Marocco che emigra. Su quella insegna si legge Western Union. Uno dei giganti della finanza dei poveri, strumenti semplici e potenti, con i quali gli emigranti di tutto il mondo mandano i soldi a casa, un business che nel 2005 ha smosso a livello planetario centosessantasette miliardi di dollari. I maghrebini che lavorano all’estero non fanno difetto in queste statistiche. Anzi. Ne mandano talmente tanti, di soldi a casa, che quell’insegna è diventata – in Marocco – parte integrante del paesaggio. Circa millecinquecento le agenzie censite in un paese dove la più grande società di rimesse è entrata nel 1995. E non è un caso. Il Marocco, nelle classifiche mondiali delle rimesse degli emigranti, è al quarto posto per il volume di denaro che arriva in patria dai connazionali, posizione insidiata negli ultimi anni da Cina, Pakistan e Bangladesh. Ultimamente sta cedendo il passo a colossi dell’emigrazione, quali l’India, il Messico, le Filippine. Ma rimane, saldamente, il primo paese arabo in lista, dopo aver scalzato, nel



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